Come si cura l'osteonecrosi? Si può evitare l'intervento?

Innanzitutto, occorre considerare che l'osteonecrosi asettica ha maggiore probabilità di essere curata con un approccio conservativo, ovvero senza dover ricorre alla protesi articolare, se diagnosticata e trattata negli stadi iniziali. Per quanto riguarda l’osteonecrosi della testa del femore, entro lo stadio 3 della classificazione di Steimberg.

La cura dell’osteonecrosi asettica si basa su tre principali fondamenti:

  1. scarico dell’arto colpito
  2. controllo del dolore
  3. sostegno farmaco-metabolico al metabolismo dell’osso.

Lo scarico dell’arto colpito si attua semplicemente utilizzando con regolarità due stampelle (ovviamente se parliamo di necrosi dell’arto inferiore). È importante che i bastoni siano 2 perché un’unica stampella non permette di togliere il peso del corpo dalla gamba, ma solo di guadagnare stabilità.

 

Il controllo del dolore è importante nelle prime fasi della malattia, prima che i trattamenti prescritti facciano effetto e si basa su farmaci antidolorifici assunti per via sistemica (per bocca, iniezioni, supposte, cerotti a cessione transdermica). I farmaci più utilizzati sono il paracetamolo, i FANS (ibuprofene, diclofenac, oxicam, anti cox 2, ecc…) e gli oppioidi di primo livello (codeina, tramadolo). Tutti questi farmaci non modificano in alcun modo il corso naturale della malattia e possono avere effetti collaterali importanti, quindi vanno assunti solo sotto stretto controllo medico!

 

Il sostegno farmaco-metabolico al metabolismo dell’osso può essere effettuato con farmaci e soprattutto, con lossigenoterapia iperbarica (OTI).

Fra i farmaci, occorre ricordare i Bifosfonati (clodronato, neridronato) il calcio e la vitamina D. La terapia farmacologica non è scevra da possibili effetti collaterali e deve essere prescritta dal medico specialista ortopedico, dal reumatologo o dal MMG; inoltre, l’efficacia nel modificare la storia naturale della malattia, ovvero l’evoluzione verso la degenerazione dell’epifisi ossea colpita è limitata.

L’approccio terapeutico attualmente più efficace e promettente è, senza dubbio, l’ossigenoterapia iperbarica.

 

Approfondimenti:

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